Statistica forense

La statistica forense è una delle applicazioni più importanti di tale disciplina al mondo reale. In questo particolare ambito tuttavia, il suo utilizzo deve prevedere un’attenta analisi del processo logico-decisionale che svolge dalla raccolta delle prove (dati) alla presentazione del risultato. Non potendo fare una disamina “caso per caso” delle molteplici applicazioni della statistica all’ambito forense, preferisco riportare un piccolo esempio.

Obiettivo di un’indagine statistica forense

L’obiettivo di un’indagine statistica forense non è quello di esprimere un verdetto, ma unicamente indicare in termini probabilistici se un determinato evento è accaduto o meno, oppure se una determinata prova può essere attribuita ad un soggetto (esempio l’esame del DNA).

Da ciò discende che l’approccio allo studio di qualsiasi caso deve poggiare sugli stessi identici principi di rigore richiesti nello sviluppo di studi scientifici. Anche se tale studio è rivolto ad un pubblico non scientificamente formato sotto il profilo statistico, non per questo non deve essere connotato al rigore della scienza.

Caso concreto

Primo problema: porre alla base la domanda giusta secondo un processo logico e metodologico. Per far comprendere come sia facile errare la domanda, voglio riproporre il caso del celebre sportivo ed attore americano O.J. Simpson, accusato dell’omicidio della moglie e del presunto amante. Leggendo la storia del processo come riportato da varie fonti online, emerge che l’accusa fondava l’idea idea di colpevolezza basandosi sul fatto che Simpson era solito essere violento con la moglie, secondo molteplici prove di violenza domestica. Per ribattere tale accusa, la difesa si appellò ai dati statistici, ponendo la seguente domanda: qual è la probabilità che una vittima di violenza domestica venga poi uccisa dal compagno/marito?

La risposta fornita è stata: solo lo 0.04%! Risposta apparentemente ineccepibile e, giusto per cronaca, il dato fu molto influente agli occhi della giuria e l’imputato venne dichiarato non colpevole.

Comprendiamo il risultato

Tuttavia cosa significa esattamente questa percentuale? Il significato è che il rischio di una vittima di violenza domestica di essere uccisa dal compagno/marito è dello 0.04%: ciò comporta che la relazione tra evento “violenza domestica” e “omicidio” è molto bassa.

A ben guardare però la domanda che ha generato tale percentuale non è attinente al caso specifico. Infatti l’accusa non aveva sostenuto che la donna era stata uccisa a seguito delle violenze domestiche, ma aveva affermato che la presenza di molteplici eventi di violenza domestica potevano essere confluiti in omicidio.

Tradotto in termini statistici, significa che non importa qual è la probabilità che una donna venga uccisa dopo episodi di violenza, ma ciò che interessa è la probabilità che l’autore del delitto sia il compagno/marito, sapendo che la vittima è stata precedentemente oggetto di violenze domestiche.

Questo ribalta la situazione. Tomatis in uno studio del 2011 (Tomatis M. Numeri assassini. Kowalski, Milano 2011) pone come esempio il seguente: se si considera un campione di 100.000 donne e si conta quante donne erano state picchiate dal compagno/marito e successivamente assassinate, emergerebbe che 45 di loro erano state precedentemente vittime di violenza domestica e poi di omicidio. Ed ancora analizzando più approfonditamente questi 45 casi, si sarebbe visto che 40 donne erano rimaste vittima del proprio compagno/marito, mentre 5 erano state uccise da persone estranee. Tramutando tali dati in percentuale, salta agli occhi che che la probabilità che il compagno/marito sia responsabile dell’omicidio donna precedentemente vittima di violenze domestiche è addirittura dell’88.9%.

Ciò significa che alla base di una corretta valutazione di statistica forense non rileva unicamente il risultato numerico, ma è fondamentale l’apporto derivato dal processo logico-decisionale posto alla base dell’identificazione del problema di fondo.

Conclusione

Per concludere, se l’accusa nel processo di Simpson si fosse posta la seguente domanda: “Dato l’omicidio di una donna vittima di violenze domestiche, qual è la probabilità che il responsabile sia il marito?”, sarebbe immediatamente emerso che la base per il calcolo percentuale non era il numero di donne vittime di violenza domestica poi uccise, ma il numero di donne uccise che erano state prima vittime di violenza domestica.

Ed allora, attenzione ai numeri, alla loro formazione (quali formule ne danno vita) e alla loro interpretazione. I numeri restano tali fintanto che qualcuno non dimostra che essi sono realmente rappresentativi della realtà osservata. Se scrivo numeri di 6 zeri dopo un qualsiasi altro numero, sarò milionaria, ma se scrivo sei zeri, prima di un qualsiasi numero, sarò una persona comune.