Come eseguire la randomizzazione per un RCT

La randomizzazione, nota anche come allocazione casuale, è uno degli elementi fondamentali di ogni studio controllato randomizzato ed incide in modo significativo sulla successiva riuscita dell’analisi statistica. Essa infatti rappresenta l’elemento chiave per l’assegnazione dei pazienti al gruppo di trattamento o a quello di controllo.

Dall’esecuzione corretta o meno della randomizzazione deriva la riuscita dell’intero studio controllato randomizzato (cd. RCT). Infatti, una randomizzazione adeguata permette di comprendere la differenza tra trattamento e controllo in modo adeguato e di attribuire la differenza stessa alla sperimentazione. Al contrario, una randomizzazione eseguita in modo errato può compromettere l’intera riuscita dello studio, producendo rilevanti bias.

Randomizzazione: la scelta al caso

Quando si pensa al processo di randomizzazione, la mente non può che concentrarsi sul tema della casualità. Se pensiamo alla locuzione “allocazione casuale”, il collegamento con la casualità è reso ancora più evidente. Il caso è il compagno di viaggio della randomizzazione.

Far decidere al caso se un paziente di uno studio controllato randomizzato (clinical trial) debba partecipare al gruppo di trattamento o a quello di controllo è il metodo più asettico per non “sporcare” il campione osservato e non produrre bias.

Nella storia della statistica, il metodo più semplice di scelta affidata al caso è quella che deriva dal lancio di un dado o dall’estrazione di una determinata carta. Si tratta di metodi che coinvolgono sì il caso, ma possono essere facilmente controllati e manipolati e quindi, non efficaci.

Al contrario, la ricerca clinica poggia su basi razionali e per le quali l’unico intervento umano consentito all’interno di uno studio – appunto definito controllato – è quello relativo alla sperimentazione che si intende mettere sotto osservazione. Da ciò deriva che assegnare un paziente ad un gruppo di trattamento o a quello di controllo non può essere una procedura di semplice affidamento al caso. Assegnare significa seguire un processo tendente alla riduzione per quanto possibile, dell’intervento umano, sapendo che la perfezione non è mai raggiungibile.

Come eseguire l’assegnazione per RCT

Vediamo dunque come eseguire la randomizzazione su un campione di 20 soggetti, dando per già avvenuta la valutazione circa la dimensione del campione. Vogliamo in particolare creare due gruppi A e B ed assegnare i soggetti ad uno dei due gruppi.

Randomizzazione semplice

La forma più semplice di allocazione casuale è quella che prevede l’utilizzo della tabella dei numeri casuali. Oramai la tecnologia ha superato le tabelle di numeri casuali cartacee ed offre una vasta gamma di strumenti per eseguire una corretta randomizzazione.

Sul web esistono molteplici strumenti a questo scopo. Uno dei più adeguati è quello offerto dal sito www.randomizer.org. Con questo strumento puoi generare una sequenza di numeri, come quella riportata sotto:

16, 14, 20, 17, 10, 19, 4, 12, 18, 9, 3, 6, 15, 13, 7, 11, 8, 2, 1, 5

Fatto ciò possiamo stabilire quale regola di allocazione che i pazienti corrispondenti a cifre “pari” rientrino nel gruppo “A”, mentre tutti quelli corrispondenti a cifre “dispari” facciano parte nel gruppo “B”. Seguendo questa regola, otteniamo il seguente risultato:

id paz.cifragruppoid paz.cifragruppo
116A113B
214A126A
320A1315B
417B1413B
510A157B
619B1611B
74A178A
812A182A
918A191B
109B205B
Assegnazione di 20 pazienti a due gruppi

A seconda del sistema di numeri casuali utilizzato (ad esempio le tabelle cartacee) possono crearsi gruppi con diversa numerosità. Per ovviare a questo problema, possiamo utilizzare le tabelle di numeri casuali in modo diverso, ossia estraendo un campione casuale di 10 soggetti da 20, così da assegnare al gruppo A i primi 10 soggetti estratti ed convogliare nel gruppo B i rimanenti 10 soggetti.

Randomizzazione a blocchi

Un altro metodo di allocazione casuale è definito come randomizzazione a blocchi. È particolarmente utile nel caso in cui l’inclusione dei pazienti nello studio avviene a mano a mano, come ad esempio succede per studi nei contesti ospedalieri.

In questo caso possiamo creare, ad esempio, 5 gruppi, appunto blocchi, in cui inserire i pazienti nell’ordine in cui vengono inseriti nello studio, ma con una scelta casuale del gruppo. I 5 gruppi potrebbero essere i seguenti:

(AABB) (ABAB) (BABA) (BBAA) (ABBA)

In questo modo, il primo ed il secondo paziente sono assegnati al gruppo A, il terzo ed il quarto al gruppo B, il quinto al gruppo A e così via. Avremo così l’assegnazione dei pazienti e gruppi con uguale dimensione.

Randomizzazione Stratificata

Quando si eseguono clinical trial bisogna tenere conto di alcuni elementi importanti, quali ad esempio l’età o il sesso dei pazienti (giusto per citare le covariate più diffuse). In questo caso, il processo di randomizzazione, oltre a tenere conto dell’assegnazione casuale deve tenere conto anche delle covariate. Perciò è necessario creare dei gruppi che siano adeguati anche rispetto a queste variabili. Ad esempio possiamo aver necessità di creare delle randomizzazioni per i gruppi di pazienti maschi < 50 anni, maschi con età ≥ 50 anni, femmine < 50 anni e femmine ≥ 50 anni. Lo studio controllato randomizzato deve infatti tener conto non solo della randomizzazione ai fini statistici, ma anche, e sopratutto, del contesto clinico in cui si muove lo studio e dunque delle possibili fonti di variabilità dovute alle caratteristiche biologiche, cliniche e ambientali in cui i soggetti vivono.

Pericoli di un’errata randomizzazione

Se randomizzare è fondamentale per la riuscita dello studio, non-randomizzare o randomizzare in modo errato è fonte di guai statistici ben oltre la semplice non riuscita dell’analisi.

Infatti, se da un’errata randomizzazione dipendesse unicamente la non riuscita della differenza tra gruppi (vedi non riuscita del p-value), possiamo dire che abbiamo perso risorse, ma almeno non siamo incorsi in fuorvianti pubblicazioni scientifiche.

Se da una non-corretta randomizzazione consegue invece una differenza significativa tra gruppi e magari un marcato (ed errato) vantaggio di un farmaco su un altro, il risultato potrebbe condurre ad una pericolosa esposizione dei pazienti.

Se ad esempio si decide di eseguire la randomizzazione secondo un sistema alternato: paziente 1 nel gruppo trattamento, paziente 2 nel gruppo controllo, paziente 3 nel trattamento e così via, il pericolo di bias cresce in modo importante. Innanzitutto, l’assegnazione potrebbe sembrare casuale, ma così non è in quanto potrebbe esserci una “partecipazione” involontaria dell’assegnatore, e dunque un venir meno della casualità. Ad esempio, un medico potrebbe pensare che per un determinato paziente il trattamento potrebbe essere più efficace del controllo ed attendere quindi che il paziente possa essere assegnato al gruppo di trattamento.

Da uno studio condotto da Schulz et al. (1995) su 250 studi controllati randomizzati, è emerso che nei casi di allocazione non correttamente nascosta, l’effetto medio del trattamento è aumentato del 41%. Questa è una percentuale sicuramente rilevante e da tener conto nel tuo prossimo studio!

Comitati Etici e Peer Review

Per fortuna c’è chi controlla il corretto processo di randomizazione. Innanzitutto esso viene controllato dai Comitati Etici: è un punto chiave di tutti i protocolli di ricerca, unitamente a dimensione del campione e ottenimento del consenso dei pazienti.

Inoltre, il processo di pubblicazione di un articolo (con annessa peer review) è così rigoroso da eseguire un significativo check anche di questo aspetto. Pertanto, ne deriva che ai fini della pubblicazione, una randomizzazione mal eseguita comporta l’immediata esclusione dello studio e quindi un altro ennesimo motivo di spreco di risorse umane, economiche e di tempo.

Conclusione

La randomizzazione fa parte del processo di costruzione di un buon clinical trial. Una corretta impostazione iniziale aiuta a superare i controlli di comitati etici e riviste scientifiche in quanto consente di eseguire uno studio corretto. Infine, voglio ricordare che l’adeguata randomizzazione rientra nell’etica della ricerca ossia svolgere sperimentazioni corrette, unitamente al principio sovrano di “don’t harm!“.


Riferimenti bibliografici

Schulz KF, Chalmers I, Hayes RJ, Altman DG. Empirical evidence of bias. Dimensions of methodological quality associated with estimates of treatment effects in controlled trials. JAMA. 1995;273(5):408-412. doi:10.1001/jama.273.5.408


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