Come eseguire un clinical trial: breve introduzione

I clinical trials sono considerati il miglior approccio metodologico della ricerca scientifica. L’alta considerazione riservata a questa tipologia di studi non è casuale o immeritata. I trial sono esperimenti in grado di validare un nuovo trattamento (terapie, vaccini, interventi, …) o di migliorare l’applicazione di uno già esistente.

La peculiarità del trial è che sono esperimenti che coinvolgono esseri umani. Nell’uso comune, la locuzione “esperimento su essere umano” ha un’accezione negativa. Al contrario, quando essa si usa nell’accezione scientifica, assume un forte connotato positivo tanto da essere considerata la strada preferita per aumentare in modo considerevole e rigoroso il sapere in campo medico.

Per ogni ricercatore, condurre un clinical trial significa assumere una responsabilità importante nei confronti dei pazienti, della comunità scientifica e dell’intera umanità. Proprio a seguito di tale responsabilità e dunque al fine di assicurare il rigoroso rispetto della metodologia di conduzione dei trial e di uniformare le procedure per pervenire ad una maggiore possibilità di paragone tra differenti studi, la comunità scientifica ha messo a punto una serie di linee guida conosciute come CONSORT Statement.

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Come eseguire un clinical trial

Identificare il problema

Il punto di avvio di ogni clinical trial è un problema clinico. Il problema è la causa, potrei dire scatenante, del trial: se in medicina tutto funzionasse con il 100% di garanzia di successo, la ricerca sarebbe superflua. Come sappiamo, in medicina sono molte le informazioni che non conosciamo e che non sappiano neanche di dover conoscere (incertezza epistemica). Dunque l’identificazione di un problema dà origine ad una domanda: come superarlo? La risposta è: “sperimentare”.

Quando si entra nell’ambito della sperimentazione, i confini tra etico e non etico sono molto sottili ed in alcuni casi poco definiti. Il compito del ricercatore è primariamente quello di assicurare che il confine dell’etico non venga mai oltrepassato. Pertanto, il clinical trial è una procedura rigorosamente definita che garantisce alti standard di qualità sperimentale nel pieno rispetto dei principi etici.

Metodologia di ricerca

Dopo aver definito il problema di partenza e l’obiettivo della sperimentazione, il ricercatore deve necessariamente identificare quali sono i passaggi metodologici che consentono di superare il problema clinico. Questa fase di pianificazione della metodologia, oltre a richiedere tempo, risorse in termini di conoscenze specifiche, richiede una particolare sensibilità al problema ed una più ampia visione delle soluzioni possibili: un’integrazione delle conoscenze ed una forte orientamento all’interdisciplinarietà. In questa fase il team di ricerca è fondamentale: il clinico, il matematico, l’informatico, il chimico, l’ingegnere, gli assistenti, gli infermieri, in altri termini tutti i collaboratori al trial sono chiamati a dire la propria sul progetto.

Invero, applicare una metodologia non significare eseguire una checklist, ma è un processo di valutazione e controllo continui della procedura applicata sia essa medica, statistica, informatica e così via. Il metodo è la base del clinical trial ed è la chiave di successo o fallimento dello stesso.

Dal design al blinding

Una notevole attenzione deve essere dedicata al design del trial, ai partecipanti e agli interventi, ossia alle modifiche che si intendono mettere in atto per provare la validità del trattamento. In questa fase si definiscono i gruppi di trattamento e controllo e si indicano le procedure che saranno concretamente messe in atto. Si definiscono gli outcome (variabili di output che si osservano), la dimensione del campione e la sua procedura di determinazione, i metodi di randomizzazione, ossia come si esegue la scelta dei partecipanti nella popolazione di riferimento, e le procedure di assegnazione dei soggetti nei gruppi. I passaggi di blinding sono fondamentali: uno studio amplia la sua validità se condotto in singolo, doppio o triplo cieco.

In fase di pianificazione del trial non si hanno risultati numerici, ma solo indicazioni sui metodi statistici che si intendono applicare per dimostrare la validità del trattamento (superiorità, equivalenza o non-inferiorità). È molto importante ricordare che un trial eseguito applicando metodi statistici non idonei è sempre non etico. Disporre di pazienti e sottoporli a trattamenti in fase di sperimentazione senza “aver cura” dei dati ottenuti rappresenta una violazione dei principi etici, anche della stessa Dichiarazione di Helsinki.

Protocollo di ricerca

Dopo aver definito i metodi di conduzione del trial, si può metter mano al computer e stilare il protocollo di ricerca. Un protocollo di ricerca non è una dichiarazione di intenti, ma è un programma dettagliato di cosa si vuole dimostrare e come. La parte di metodologia ha un ruolo predominante in quanto essa traccia la rotta indicando tutti i singoli punti che coinvolgono i partecipanti, i collaboratori, le tecniche e le metodologie.

Molti confondono il protocollo di ricerca con le linee guida del CONSORT Statement. Tale assunzione è errata. Il CONSORT Statement è un check a posteriori di aver fatto bene, non è il protocollo. Quest’ultimo risponde ad una serie di domande usando le conoscenze specifiche del ricercatore e mai i risultati dello studio. Il protocollo è sempre tracciato prima che lo studio venga condotto e le sue domande devono trovare risposta dall’esperienza e conoscenza del team. Se non si può rispondere alle domande del protocollo, allora c’è qualcosa di errato nell’approccio al trial.

Sperimentare

La fase successiva è sperimentare, ossia applicare le procedure descritte in protocollo e raccogliere i dati. All’inizio di ogni pianificazione del trial, la fase di raccolta dati sembra la più ovvia. L’esperienza mi ha fatto notare che una delle procedure più complesse dei trial è il corretto monitoraggio e l’adeguata registrazione dei dati clinici. Molti dati “si perdono per strada” ed a volte per piccole banalità: non c’è un responsabile dei dati, non c’è un responsabile del monitoraggio, non c’è controllo tra chi rileva i dati e chi li deve riportare in un file. Insomma, in altri termini, i dati si perdono perché i team non dialogano sull’organizzazione.

Lavorando con i dati so che una buona organizzazione è di per sé una fonte di conoscenza e permette di riportare risultati efficaci ed efficienti più di un campione con larghe dimensioni.

Reporting

La fase di reporting è quella che serve per “tirare i fili” del clinical trial. Il CONSORT Statement consente di avere un percorso guidato semplice e facile da seguire. C’è solo un passaggio da rispettare: controllare che la fase di pianificazione e quella di sperimentazione siano concretamente allineante tra loro. Il flow chart e la checklist CONSORT sono ideali per seguire la linea di conduzione del reporting (Vedi Anteprima Corso).

CONSORT Statement

Il CONSORT (CONsolidated Standards of Reporting Trials) Statement è un documento approvato per la prima volta nel 1996 con lo scopo di migliorare la qualità del modo di riportare i randomized clinical trial (RCT). Si tratta di una checklist e di un diagramma di flusso che sintetizzano le linee guida. Tutti gli autori che intendono pubblicare un trial controllato e randomizzato devono dimostrare di essersi attenuti rigorosamente a quanto previsto dal CONSORT.

L’ultima versione aggiornata risale al 2010 e include una serie di migliorie e di raccomandazioni in base ai nuovi argomenti. La versione originale in lingua inglese è presente sul sito CONSORT (http://www.consort-statement.org). La versione italiana è disponibile sul sito della Fondazione GIMBE la quale ha realizzato la versione italiana del CONSORT Statement 2010 e del Documento di Spiegazione ed Elaborazione (https://www.gimbe.org/pagine/574/it/consort).

Pubblicare

Ultimo step di ogni lavoro di ricerca è la pubblicazione. Qualcuno lo vede come “le dolenti note” degli studi. Dalla mia esperienza so che un buono studio ottiene pubblicazione. Il problema è che a volte la definizione di “buono studio” ha dei margini molto ampi e poco definiti. Un buono studio non è solo un’idea giusta; esso è il risultato di una conoscenza di base e settoriale molto forti (vedi mia opinione sulla risoluzione delle sfide del COVID-19), di logica stringente, di una intensa capacità di sintesi e di approfondimento dove necessario e di un’esplicitazione dei risultati che sia dettagliata senza cadere nel “noioso” o, come avviene in alcuni casi, nel banale.

Il linguaggio scientifico non è un linguaggio chiuso, è un linguaggio tecnico, ma, ad eccezione dei termini specifici, usa le stesse identiche parole della vita quotidiana, unica differenza è che lo fa in modo sapiente ed oculato, dando peso ad aggettivi, avverbi e verbi, e non esaltando i risultati, ma spiegandoli alla luce della conoscenza pervenuta dal trial e da tutta la precedente letteratura.

Conclusione

I clinical trial sono eccezionali approcci alla ricerca. Eseguirli in modo rigoroso, scientifico e senza paura o dubbi permette di apportare il proprio “mattoncino” al mondo della scienza. Ai ragazzi che seguo nei percorsi universitari insegno a provare la fase di pianificazione della sperimentazione: essa aiuta a conoscere di più su un argomento e, senza dubbio, su sé stessi. La tenacia, la perseveranza, la fiducia e l’ottimismo sono compagni di viaggio di tutte le sperimentazioni. La medicina cura i pazienti e la ricerca medica è in grado di migliorare i ricercatori, come medici e come uomini.

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