Come scrivere una tesi di specializzazione o per un dottorato di ricerca: 8 consigli

Il percorso di studi universitario di più alto livello volge al termine. È il momento decisivo di presentare le proprie capacità alla comunità scientifica. Scrivere una tesi di specializzazione o per un dottorato di ricerca non è semplicemente un lavoro di approfondimento e di analisi rigorosa dei contenuti. Si tratta sì di un lavoro certosino, ma tutto sotto l’egida del metodo sperimentale, il quale deve trovare ampia applicazione.

Ci si trova di fronte, per la prima volta, al problema di gestire contemporaneamente approfondimenti, contenuti altamente tecnici, tempistiche e rigore. Gli imprevisti della ricerca possono essere tanti: una dritta al momento giusto consente di risparmiare forze e tempo. Poiché il tempo è prezioso, voglio darti 8 buoni consigli, modulati secondo la struttura finale del lavoro e scaturiti dalla mia esperienza nel lavorare quotidianamente in prestigiosi team di ricerca.

Tesi di specializzazione o per un dottorato di ricerca: attenzione alle derive

La tesi di specializzazione o per un dottorato di ricerca richiede di sperimentare, raccogliere dati sull’esperimento ed elaborare i dati con tecniche statistiche. Concentrarsi unicamente sulla sperimentazione o sull’elaborazione dati può portarti fuori strada. La tesi è il risultato di una strutturazione organica dell’intero lavoro: la logica è quanto mai necessaria per raggiungere l’obiettivo.

Primo passo: impara dal mondo

Scrivere una tesi di specializzazione o di dottorato significa affrontare un problema e cercare una soluzione. Per evitare di perderti, il primo passo è conoscere. E per conoscere, nessuno strumento di indagine è più efficiente di quello dei giornalisti. La regola delle 5W (Who, What, When, Where, Why) è un’eccellente compagna di viaggio nella ricerca sperimentale.

Conoscere con il metodo giornalistico ti permette di osservare, capire ed approfondire e, sopratutto, di porre dei dubbi e delle domande. Ti consente insomma di fare da osservatore del mondo in cui ricerchi.

Secondo passo: Scegli l’argomento

Dopo aver osservato il tuo campo di ricerca, è giunta l’ora di scegliere su cosa concentrarti. La scelta dell’argomento è assolutamente personale. Dato un settore, la scelta dell’argomento dipende dalle tue propensioni e dalle tue conoscenze. Ricorda però una regola basilare: scegli l’argomento per il quale ti senti più portato, non scegliere in base ai suggerimenti o ai desideri degli altri. La ricerca finalizzata alla tesi di specializzazione o per un dottorato di ricerca avrà dei momenti di “sconforto”. Scegliere qualcosa in cui non credi o non ti piace, sarà un pesante fardello da sostenere fino alla fine della tesi di specializzazione.

Terzo Passo: Backgroud

Scelto l’argomento, si passa all’identificazione degli obiettivi. Come ho scritto in un altro post (vedi link), quando si tratta di ricerca esistono due tipi di obiettivi: primari e secondari. Il problema rilevante nella scelta dell’obiettivo primario di una tesi di specializzazione o per un dottorato di ricerca deriva dalla non ampia conoscenza della materia. Per un ricercatore affermato, identificare l’obiettivo del proprio studio è abbastanza semplice: egli conosce la materia e le varie pubblicazioni su di essa e sa identificare la necessità di un nuovo studio.

Per chi si trova a fronteggiare la tesi di specializzazione o quella per un dottorato di ricerca, la scelta dell’obiettivo non è semplice. C’è comunque una buona regola che è possibile seguire. Gli occhi del giornalista (primo passo) ti hanno fatto guardare il tuo settore più attentamente, consentendoti di porre domande e trovare delle riposte. Ma, non tutte le domande hanno trovato risposta o una risposta soddisfacente (altrimenti avremmo già scoperto tutto!).

Approfondisci quelle domande che ti lasciano perplesso: esse nascondono da un possibile “vuoto” nella letteratura e su quel “vuoto” puoi costruire il tuo studio. Non pensare di cambiare il mondo, ma la strada della ricerca richiede che ognuno aggiunga un pezzettino al grande mosaico della scienza. Non importa quanto grande sia il contributo (specialmente al primo lavoro di ricerca), l’importante è che ci si avvi sulla strada della conoscenza.

Cercare di risolvere una domanda ti consente di identificare l’obiettivo primario e, di seguito, quelli secondari. La scienza d’altronde è da millenni che procede trovando risposte a domande nate dall’osservazione di qualcosa che non ha risposta!

Tutto questo lavoro preliminare finisce in ciò che è noto come Backgroud o Razionale dello studio. Il problema e la sua origine sono le fondamenta del tuo studio e consentono di poggiarti sulla letteratura per dare forza al tuo lavoro.

Quarto passo: Materiali e Metodi

Dopo che hai identificato dove vuoi andare (obiettivo = meta) è l’ora di definire come ci vuoi andare. Strumenti, tecniche, metodi di ricerca e progettazioni di vario tipo sono le “navi” che ti porteranno dal porto di partenza alla tua meta.

Protagonisti

Per identificare il metodo (= come), devi definire i protagonisti della tua ricerca, ossia su chi vuoi indagare. Che siano individui, imprese quotate, cellule, molecole, nazioni, … la ricerca è capace di studiare qualsiasi fenomeno che ci circonda.

Metodologia

Identificati i protagonisti della ricerca, si passa alle tecniche per indagare e di conseguenza al tema delle variabili. Ebbene sì: se si vuole indagare, è necessario identificare quali strumenti usare nel corso dell’indagine così da determinare le variabili. La validità della scienza risiede nella capacità di osservare e determinare in modo rigoroso e asettico. Tutto ciò viene fatto attraverso la chiara definizione delle variabili che “raccontano” i protagonisti. Gli strumenti ed i metodi di indagine consentiranno di determinare, misurare o calcolare le variabili per ciascun protagonista incluso nello studio.

Quinto passo: Sperimentare

Dopo aver definito la meta e gli strumenti, variabili incluse, bisogna osservare. L’argomento di studio è nato dall’osservazione di un fenomeno senza risposta o con una risposta non completamente esaustiva. Dopo aver definito come sia possibile trovare una risposta al fenomeno, è necessario osservare lo stesso con occhi più scientifici e ancora più attenti. Determinare le variabili significa affermare che il fenomeno complessivamente osservato è il risultato di tante piccole componenti (le variabili appunto) che sono più o meno agevolmente identificabili protagonista per protagonista. Sono chiamate variabili perché appunto “variano”… Sapere come variano è fondamentale per far luce sul problema indagato.

Sesto passo: Risultati (ossia Elaborare dati)

Tante volte ho affermato che la statistica è la scienza della variabilità. Molti la definiscono scienza dei dati, ma ritengo la definizione non completa. La statistica si occupa di studiare i dati, ma non per uno studio fine a se stesso, ma per carpirne la loro variabilità.

Proprio la variabilità rende la statistica così adattabile alle varie discipline: riconducendo le variabili specifiche di ogni ambito ad un unico linguaggio (quello numerico, di chiara impronta matematica), la statistica spiega la variabilità e, attraverso sintesi efficaci (la media è la più nota), permette di descrivere il fenomeno indagato descrivendo (statistica descrittiva) e combinando le variabili (e.g. correlazione). Quando è ben assestata, la statistica permette di passare dalla sintesi di risultati su un campione alla generalizzazione dei risultati per un’intera popolazione (statistica inferenziale). Sia la statistica descrittiva che quella inferenziale rientrano in ciò che è competenza dell’analisi statistica o elaborazione dati. Insomma, dopo aver determinato il valore di ciascuna variabile per ciascun protagonista del lavoro di ricerca, spetta alla statistica dare ordine, sintesi, valore e generalità alle varie osservazioni.

Settimo passo: Discussione

Il passo successivo alla fase di elaborazione dati è quello di discutere i risultati. La fase di discussione non è come molti la interpretano come la fase di conclusione del lavoro o di generico “ho ragione!” (tipo l’eureka di Archimede). Il verbo “discutere” nel campo scientifico è utilizzato in entrambe le sue accezioni (vedasi Vocabolario Treccani).

“Discutere” significa esaminare in modo approfondito ed attento, esponendo il proprio parere e punto di vista: questo significa che nelle discussione è necessario dire “la propria opinione”.

“Discutere” significa altresì “litigare” e ciò è valido anche nelle discussioni di ricerca (senza ovviamente fare a botte con qualcuno!). Avere dei risultati che confermano la letteratura di riferimento è buono. Ma avere dei risultati che “litigano” con quelli della letteratura e sapere perchè ciò avviene (ossia avere una propria idea del perchè è così e non può non essere così), beh, questo è il compito di chi ricerca!

Tutta la scienza fonda sul principio di “vero fino a prova contraria“. Se Einstein avesse pensato che Newton avesse perfettamente ragione ed avesse diretto le sue discussioni per confermare Newton in termini numerici, non saremmo giunti a capire la relatività e quindi non avremmo potuto interpretazione correttamente l’attrazione tra pianeti (non una forza, come diceva Newton, ma un fenomeno geometrico dato dalla deformazione dello spazio-tempo).

Ottavo passo: Conclusioni

Dopo aver osservato, analizzato, sintetizzato, generalizzato e discusso, è giunta l’ora di concludere. Questa fase non significa unicamente portare a termine, ma significa raccontare in pochissimo spazio cosa è servito tutto ciò che è stato fatto e cosa ancora c’è da fare.

Limitazioni dello studio

Bisogna parlare di limiti del lavoro e di ampliamenti futuri, perché non tutto fila per il verso giusto nella sperimentazione. Non siamo perfetti. Alla fine di ogni lavoro ci si rende conto che alla luce di quanto appreso strada facendo, qualcosa si può fare sempre meglio. Questo spirito muove la ricerca (e meno male!) e deve pertanto fare parte anche nel lavoro di tesi di specializzazione o di dottorato di ricerca.

Sulle limitazioni, ammetto di non amare particolarmente coloro che scrivono che l’unica limitazione dello studio è la ridotta dimensione campionaria. In molti studi il campione ridotto è inevitabile, ma sostenere che sia unica è una “limitazione limitata” (per fare un giro di parole). Le limitazioni sono i punti che avremmo voluto approfondire se solo avessimo conosciuto all’inizio del lavoro ciò che conosciamo alla fine.

Contestualizzare

Le conclusioni richiedono inoltre una contestualizzazione del lavoro. Si è fatta tanta strada, si sono impiegate risorse umane (ricercatori ed individui), economiche e di tempo, si è lavorato duramente e con rigore, si sono affrontate giornate pesanti, buie, senza via di uscita, di esaltazione e di sfiducia: perché? Capire e spiegare perché valeva la pena fare tutto ciò che è stato fatto è di aiuto per tutti coloro che vorranno leggere il lavoro. Potranno applicarlo alla loro vita quotidiana (si pensi ai medici che ogni giorno formulano diagnosi e terapie basate sulle pubblicazioni scientifiche) e potranno usarlo come punto di partenza per un nuovo viaggio. La scienza ha ancora miliardi di mete da raggiungere (ciò che non sappiamo è ancora tanto). Buon lavoro


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